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Relazioni Sangue sui Binari

Presentazione presso Libreria Del Globo - Pistoia, 1 ottobre 2016
Recensione di Maria Lorello

Francesco Bonvicini, fin da ragazzo, ama la letteratura poliziesca e i suoi vari generi, fra cui il "police procedural", dall'inglese "procedura di polizia", un particolare filone del poliziesco nato intorno agli anni Quaranta del Novecento e ben presto sviluppatosi al cinema e in seguito in televisione, grazie a note serie televisive.

Con i suoi romanzi caratterizzati da codesto police procedural ha voluto creare "qualcosa di nuovo" nell'ambito della narrativa poliziesca italiana, qualcosa di nuovo per quanto riguarda l'ambientazione. Le sue storie, infatti, non sono ambientate in Italia, pensiamo per esempio a Camilleri o a De Giovanni, ma in Germania.

Questo romanzo, come si legge nel risvolto di copertina, è "il secondo della saga Sangue su Colonia, incentrata sulle indagini della Terza Squadra Omicidi della nota città tedesca, ricostruite attraverso un meticoloso lavoro di ricerca e di studio sia del codice penale e della cultura tedesca, sia della cronaca nera in generale e delle scienze forensi".

Beh, chi non fosse mai andato a Colonia, si può fare benissimo l'idea di come sia fatta la città, con le sue strade, le sue piazze, i crocevia e i cavalcavia, spesso teatro di sgommate (derapage le chiama lui), di funambolesche fughe e inseguimenti degni di un film d'azione. A questo proposito, posso tranquillamente affermare che molte scene descritte sono tipiche del linguaggio filmico o televisivo, con un racconto che si dipana con zumate frequenti sui luoghi che sono teatro delle vicende. E, ovviamente, non poteva mancare la descrizione della stazione ferroviaria dove avviene il fatto da cui parte l'indagine degli agenti della Terza Squadra Omicidi.

A questo proposito, è significativo l'incipit:
"Stazione di Colonia Centrale, terza settimana di marzo 2009, ore 8 e 55. L'annunciatore automatico aveva da poco segnalato l'arrivo al binario 9 B-D del Mittelrheinbahn 87517 per Bonn."

Questo incipit specifica il dove e il quando avviene il fatto e ci introduce subito "in medias res", come si dice con gergo tecnico.

E ora farò dei riferimenti ai personaggi, alla trama, all'intreccio e alle tecniche narrative, allo stile utilizzato... quello che noi insegnanti di lettere chiamiamo semplicisticamente "contenuto e forma"... ma farò riferimento anche alle emozioni che ne ho ricavato, del resto lo scopo di ogni libro è quello di trasmettere emozioni ... come dice Kafka "un libro dev'essere un'ascia per il mare ghiacciato che è dentro di noi"... e questo di Bonvicini non è da meno!

Il protagonista di questo giallo non è il classico detective sul quale l'attenzione è interamente incentrata, pensiamo al commissario Maigret, tanto per citarne uno, ma è un'intera squadra di poliziotti che contribuiscono alla riuscita dell'indagine, ognuno attraverso l'uso delle proprie capacità, un tipico police procedural, come dicevo prima.

A proposito di coloro che conducono le indagini, Bonvicini delinea le loro caratteristiche fisiche e psicologiche, rendendo "umani" i componenti della Forze dell'ordine e dando uno spessore notevole alla storia narrata, con personaggi spogliati del loro abito e presentati per come in realtà sono: uomini che svolgono il proprio lavoro con dedizione e impegno, ma che mantengono la loro individualità, non sono manichini o anonimi tutori dell'ordine, di ciascuno viene tracciato un profilo psicologico che li contraddistingue, con le loro virtù e i loro difetti, sono persone animate da amore, passione, ideali e , ovviamente, coraggio, un grande coraggio nell'affrontare le situazioni!

Tra i vari componenti della squadra, quello che io prediligo è Alois Liebermann, commissario capo coordinatore della Terza Squadra Omicidi. Ebbene, questo personaggio, a cominciare dal nome che Bonvicini gli ha dato (credo apposta!), incuriosisce.

Vi dico qualcosa di lui, dunque, e tralascio tutti gli altri:
Alto un metro e ottanta, quarant'anni, introverso, poco propenso all'azione, riflessivo, comunque capace di tremendi scatti d'ira se provocato. Abbandonato alla nascita sulla porta del Convento di Sankt Alois, appena fuori Colonia, è stato cresciuto amorevolmente dalle suore, tantoché Liebermann considera la Madre Superiora, Angelika Fuchs, come sua madre putativa. Al Convento aveva fatto conoscenza anche con l'Arcivescovo di Colonia, cardinale Hermann Reuter, che considera come un padre putativo. In stato di perenne sconforto per la consapevolezza dell'abbandono, Liebermann ama farsi confessare dal Cardinale, l'unica persona di cui si fida fino in fondo. Scapolo per scelta di vita ("...come si fa a far capire ad un'altra persona cosa provo?" dice a un certo punto...l'avevo detto prima...lui è un introverso), restio alle velate avances della collega Brigitte, abita in una stanza del Convento ed, anche nel corso delle indagini, cerca sempre elementi utili per rintracciare i suoi veri genitori. Ritorno sulla faccenda del nome... Il nome Alois potrebbe derivare dal Convento dove fu abbandonato, intitolato a Sankt Alois, appunto. Liebermann ("innamorato", "amante", "uomo che ama") potrebbe derivare dall'atteggiamento in cui il santo è dipinto su un affresco posto sopra l'altare maggiore della cappella del Convento. Sankt Alois, infatti, è in atteggiamento adorante, quindi da innamorato, nei confronti della Madonna col bambino Gesù.

A proposito della trama, non voglio rivelare quasi niente (il perché è facilmente intuibile), dico soltanto che il titolo spiega l'episodio chiave e cioè un macabro assassinio alla stazione di Colonia: un uomo muore investito da un treno in arrivo, lì per lì si pensa a un suicidio o a una disgrazia e sta alla Terza Squadra Omicidi scoprire il mistero della sua morte... ovviamente si tratta di omicidio. La vittima, di cui si conosce l'identità solo nel secondo capitolo, è Eugen Thaler, un ex DJ di una radio locale, la Junges Köln Radio e poi informatore della polizia, precisamente della Squadra Narcotici.

L'intreccio narrativo è quello tipico del giallo, con frequenti flashback e qualche anticipazione buttata qua e là, giusto per far intuire qualcosa, ma non troppo. La narrazione è condotta in terza persona e quindi il narratore è esterno, lo stile è asciutto, con frasi brevi e molti "punto e a capo", addirittura ci sono delle frasi costituite da due parole soltanto!

A questo proposito uno stralcio della prima pagina, subito dopo l'incipit, non solo dà un'idea di quello che ho appena detto a proposito dello stile (ogni volta che c'à un punto si va a capo!), ma presenta anche il personaggio intorno a cui ruota la storia...:

"Un uomo sembrava fare storia a sé, ma nessuno se ne curò.
Non era un tipo appariscente.
Di media altezza, età compresa tra i cinquanta e i sessant'anni, semicalvo e di corporatura smilza, sembrava come assente in quella specie di formicaio umano.
Era tranquillo e, apparentemente, senza pensieri.
In realtà, avrebbe dovuto stare bene in guardia e tenere tutti i sensi in allarme.
Ma lui non lo sapeva.
Non poteva saperlo.
Di tanto in tanto si toccava sotto il torace, all'altezza del fegato.
Gli faceva male da tempo... .
Ma l'uomo non sarebbe arrivato alla settimana successiva.
E nemmeno all'ora successiva.
Ma lui non lo sapeva.
Non poteva saperlo.
Il treno annunciò il suo arrivo con un fischio acuto.
L'uomo sorrise.
"Perfetto" pensò.
Ma il suo sorriso fu effimero, ecc. ecc.

La parola ricorrente, come avrete notato, è quella congiunzione disgiuntiva "ma", molto molto significativa! ... c'è sempre un ma, nella vita di ogni burattino, dice Collodi a proposito di Pinocchio ... ma anche nella vita di tutti noi c'è sempre un ma!

Come tutti i gialli che si rispettino, anche questo si legge tutto d'un fiato (io l'ho letto in un giorno e mezzo), ci si fa prendere dalla storia, ci si immedesima, ci si lascia coinvolgere e non si vede l'ora di arrivare allo scioglimento dell'enigma. Una volta finita la lettura, quasi quasi ci dispiace di aver finito, l'eco della storia rimane e sembra quasi di rivedere i personaggi a cui ci siamo affezionati.

Allora si ritorna indietro, a rileggere qualche passo, che magari avevamo letto frettolosamente, presi dalla foga dell'andare avanti e magari, visto che questo è un romanzo seriale, ci si augura che abbia un seguito.


Presentazione presso Enoteca Letteraria - Roma, 15 ottobre 2016
Recensione di Loredana D'Alfonso

Per il pubblico televisivo il giallo poliziesco tedesco è noto a livello popolare grazie alla serie televisiva "L'ispettore Derrick"

La fortunata serie fu prodotta in Germania Ovest a partire dal 1973 dalla ZDF, il secondo canale pubblico, sulla scia del successo ottenuto da Der Kommissar, omologa serie poliziesca trasmessa dal 1969 come risposta all'invasione di fiction americane. Per la nuova serie la produzione tentò infatti di attribuire un cognome americaneggiante, seppure locale, al personaggio.

Attualmente, a rilanciare il giallo tedesco è stata la Casa editrice Emons, fino ad oggi specializzata negli audiolibri. Nel 2015 la casa editrice ha debuttato con la nuova collana cartacea "Gialli tedeschi", il meglio delle nuove tendenze del mondo giallo/noir/thriller in Germania. Tre gli autori proposti.

Friedrich Ani, cinque volte vincitore del prestigioso Deutscher Krimi Preis; Brigitte Glaser; Alfred Hellmann.

Tre romanzi gialli per tre città tedesche: Monaco, Colonia e Berlino. "Il giallo tedesco è estremamente variegato e ricco di sfumature. Aspro e battuto dal vento come i paesaggi del mare del Nord e del Baltico, spietato e duro come le metropoli di Amburgo e Berlino, ma anche insidioso e cattivo come sa essere la provincia della Foresta Nera", ha spiegato l'editore Hejo Emons. "Volevamo far conoscere la realtà tedesca nella sua veste letteraria e creativa. Nessun genere della letteratura è più adatto a portarci dentro un Paese quanto il giallo d'autore. I gialli mirano ad entrare nelle pieghe della società, la dissodano, ne mostrano i difetti".

Con "Sangue sui binari" Francesco Bonvicini, autore italianissimo, si inserisce a buon diritto nel filone del giallo ambientato in Germania, portandoci nella realtà della città di Colonia ai nostri giorni.

Un uomo finisce travolto dal treno sui binari della Stazione Centrale ed è subito un caso scottante per gli investigatori della Squadra Omicidi, per la Narcotici e la polizia scientifica.

Dedicando una meticolosa cura ai particolari, l'autore ci immerge in una atmosfera dai toni metallici, dominata dal grigio fumo della Cattedrale gotica.

Come in una pièce teatrale, entrano ed escono dalla scena moltissimi personaggi delle forze dell'ordine coinvolti nel caso:
Alois Liebermann, Commissario Capo coordinatore della Terza Squadra Omicidi; l'Ispettore Capo Günther Sikora, di origine polacco – austriache, Harald Hrubesch, Commissario Capo della Prima Squadra Narcotici detto Der Bär, l'Orso. La poliziotta Josefa detta Sefi Jürgens, la mitica Dirigente Superiore della Polizia Criminale Verena Siebach.

Tutti all'inizio brancolano nel buio. Si tratta di omicidio o di suicidio?

Finché non spunta la pista della Radio Junges Köln e il morto sui binari assume un'identità: il DJ Eugen Thaler, di punta negli anni 80.

Un uomo vicino al mondo dei ragazzi, che, tra un pezzo e l'altro dei Duran Duran e degli Spandau Ballet, tuonava contro gli spacciatori di droga e altri criminali che mettevano in pericolo soprattutto il mondo giovanile.

La musica anni 80 rappresenta il tessuto connettivo della vicenda di Bonvicini.

La musica ha un ruolo potente per fotografare un'epoca e queste canzoni morbide e orecchiabili sono state veramente la colonna sonora di un'intera generazione.

"Gli autori di gialli sono i sismografi dei mali della loro epoca" ha detto giustamente l'editore tedesco Emons e questo romanzo ne è un esempio.

L'autore scava, anche a ritroso nel tempo, nei mali e nella corruzione di un'epoca, ponendo al lettore un quesito di base: che collegamento esiste, se esiste, tra la morte di un DJ di punta, una bomba che ha fatto esplodere una piccola emittente radiofonica e l'archiviazione frettolosa che ha fatto del caso la BKA, Polizia federale (omologa dell'FBI statunitense)?

Insieme all'autore camminiamo per Colonia, ne scopriamo ogni angolo, sentiamo il profumo dei cibi, corriamo a pazza velocità su un'Audi 2.5 TFSI Argento Monza metallizzato. Alla guida c'è il sanguigno Ispettore capo Günther Sikora, brusco e coraggioso, che segue ogni pista che sembra aprirsi nel corso della vicenda con la tenacia di un segugio.

Spunta la ieratica sagoma del Cardinale Hermann Reuter, arcivescovo di Colonia, uomo di Dio, certo, ma simile al Dj Eugen Thaler per l'uso del potere comunicativo. Dal pulpito anche Reuter, come Thaler dai microfoni di Radio Junges Köln, punta il dito contro la piaga della droga.

Chi ha messo a tacere Eugen Thaler, personaggio scomodo a tanti, gola profonda contro i narcotrafficanti? Persino i miseri resti, ricomposti dall'anatomopatologa Ulrike Leitner, sembrano in grado di essere ancora pericolosi.

Se lo chiede la Terza Squadra Omicidi, i due personaggi principali e complementari, il flemmatico Commissario Capo Alois Liebermann e il focoso ispettore Sikora. I personaggi che si susseguono, e sono tantissimi, sono descritti con cura e con un certo umorismo, e alla fine ci troviamo pazzamente innamorati del Commissario Liebermann, che ha la parola amore proprio nel cognome.

Alois guarda le stelle notturne, vive in un convento, soffre di reflusso gastrico e quindi mal sopporta i caffé dei distributori automatici dei posti di polizia.

Affronta il lavoro con assoluta determinazione ma ha la suoneria del suo cellulare impostata su un'aria del Trovatore.

É legato da una grande amicizia, o meglio da una rapporto padre - figlio con l'arcivescovo Reuter e fa lunghe passeggiate con Suor Margarethe, che gli elargisce consigli sulla vita e gustosi minestroni con i funghi, per farlo sentire a casa.

Questo personaggio richiama alla memoria 'lo spalatore di nuvole', il Commissario Adamsberg, della giallista contemporanea Fred Vargas.

Anche Liebermann ha la sua Camille, Brigitte Lemper, componente della Polizia Fluviale.

Ma mentre la compagna dell'eroe della Vargas è come un gatto annoiato, imprevedibile e imprendibile e quindi la vita dello stralunato Adamsberg e la sua non possono incontrarsi, beh, Brigitte Lemper è di tutta altra pasta.

Tenace, determinata, passionale, non molla di un centimetro le posizioni anche quando il cuore refrattario di Liebermann la fa soffrire.

Noi facciamo il tifo per lei.

Insieme a Suor Margarethe.

Alla fine il colpo di scena arriva, come l'ingrediente finale e necessario di ogni romanzo giallo a schema classico che si rispetti.

E sulle note dell'indimenticabile "The Year of the Cat" di Al Stewart, forse anche il Commissario Liebermann si arrenderà all'amore di cui ha un bisogno disperato.

Francesco Bonvicini, con la pazienza e la meticolosità di un orologiaio dei tempi antichi ha messo a punto un meccanismo perfetto.

E ci sfida a dimostrare il contrario.


Presentazione presso Enoteca Letteraria - Roma, 15 ottobre 2016
Recensione di Maria Rosaria Selo

Stazione di Colonia Centrale, terza settimana di marzo 2009, ore 8,55.

L'annunciatore automatico aveva da poco segnalato l'arrivo al binario 9 B-D del Mittelrheinbahn 87517 per Bonn...

È così che inizia "Sangue sui binari" l'ultimo lavoro letterario di Francesco Bonvicini.

Un poliziesco vivace, accattivante, coinvolgente. Alois Liebermann, Andreas Hagen, Günther Sikora e gli altri poliziotti della Terza Squadra Omicidi, ci accolgono in Germania per risolvere un singolare caso.

Omicidio o suicidio?

Eugen Thaler muore tra i binari, travolto da un treno in corsa, e spetterà agli eroi del Distretto fare luce su una vicenda fosca. Un caso complicato che li trascinerà in luoghi malfamati, dove dovranno muoversi tra gente pericolosa, pronta a eliminare chi diviene troppo scomodo. Questioni di droga, informatori pagati troppo, o troppo poco, agenti corrotti, malaffari.

Alois Liebermann è il vero protagonista della vicenda. È un duro, un uomo singolare, che vive bruciando i minuti, accelerando l'esistenza. Dorme spesso in una cella buia del convento, oppure si raccoglie in preghiera e piange senza lacrime. Ha un acume straordinario e un fiuto da vero segugio.

Un personaggio che si fa amare e odiare allo stesso tempo. Ben delineato e, quindi, efficace.

Niente di più difficile che presentare un poliziesco oppure un giallo. Non si può raccontare troppo per non mostrare al lettore angoli di storia nei quali desidera addentrarsi da solo. Il mio intento sarà quello di raccontare lo stile e la struttura.

L'autore ha raccontato una storia accattivante. I dialoghi sono molto ampi e raccontano minuziosamente i caratteri dei personaggi, il loro slang, le loro abitudini. I background sono solidi e consolidati dalla serialità delle storie. E poi qui si ha a che fare con un poliziesco che ci riporta alle fiction televisive.

L'autore ci avvolge in una storia "visiva" oltre che narrativa. Sangue sui binari è un "police procedural", ovvero un genere di giallo nel quale non c'è un unico ispettore da seguire nelle indagini, ma una vera e propria squadra. Storie personali che si intrecciano al caso di omicidio, creando un contenuto magmatico intrigante.

Il poliziesco si presenta sempre come strumento di evasione, ma anche come repertorio sociale e relazionale. E mi riferisco a Liebermann, al suo rapporto con i colleghi, all'uso amichevole e ironico dei soprannomi, le abitudini, la vita insomma.

Questo poliziesco è non solo oggetto di indagine, ma stimolo e provocazione all'autoanalisi e alla riflessione critica del proprio metodo, sui propri modelli, sulle relazioni fra il proprio lavoro e il senso comune.

Un giallo deve raccontare di gente vera in un mondo vero, e Sangue sui binari ci riesce. Le indagini sono faticose, molte le dispersioni, gli impedimenti, ma tutto è giocato a regola d'arte affinché i protagonisti non abbiano mai vita facile.

Inoltre, Francesco Bonvicini, ambientando le storie in Germania, inserisce "note e curiosità" a fine romanzo, agevolando, in tal modo, la storia che tiene fino alla fine. Il gioco tra autore e lettore va a buon fine. Così come in ogni poliziesco che si rispetti.


Presentazione presso Libreria Goldoni - Venezia, 18 novembre 2017
Recensione di Milena Perico

Sangue, un susseguirsi interminabile di colpi di scena e un misterioro delitto, apparentemente irrisolvibile, che darà filo da torcere a un team d'investigatori nella città di Colonia: ecco i Leitmotiv del secondo romanzo al cardiopalma della saga letteraria Sangue su Colonia, iniziata col romanzo d'esordio Sangue sul Reno, dedicata dallo scrittore montecatinese Francesco Bonvicini al personaggio dell'atipico commissario capo Alois Liebermann e alle mirabili indagini della Terza Squadra Omicidi di Colonia, un team di esperti e audaci poliziotti in grado di risolvere il delitto grazie anche alle singole capacità di ciascun elemento del gruppo.

Edito dalla Pegasus e vincitore quest'anno del Premio Speciale al prestigioso concorso letterario Il Casentino, il romanzo Sangue sui binari (titolo suggestivo che fornisce già un breve assaggio dell'episodio chiave, ovvero un brutale assassinio alla stazione ferroviaria di Colonia) può essere definito a pieno diritto come innovativo nell'ambito della narrativa poliziesca italiana, sapientemente elaborato dall'autore seguendo il filone del police procedural, locuzione anglosassone traducibile dall'inglese in "procedura di polizia", una branca del genere poliziesco sviluppatasi intorno agli anni Quaranta e approdata sugli schermi cinematografici e successivamente televisivi attraverso note serie del piccolo schermo.

Nell'ambientazione teutonica della Renania settentrionale-Westfalia a incorniciare l'intera vicenda, la città tedesca di Colonia, descritta con meticolosa puntualità dall'autore attraverso un lungo e accurato lavoro di ricerca, diventa il teatro perfetto dove lo spettatore/lettore asssite al compiersi del delitto e all'intrecciarsi spasmodico delle vite dei personaggi, partendo dalla descrizione del luogo che dà il via alle indagini della Terza Squadra Omicidi, la stazione ferroviaria di Colonia, facendosi poi trascinare in un turbinio di fughe rocambolesche, sgommate e inseguimenti degni dei più noti film d'azione fino ad approdare alla risoluzione del caso, il delitto dell'ex DJ Eugen Thaler, in un susseguirsi di batture "a corto raggio" e colpi di scena che tengono incollata l'attenzione del lettore fino alla fine.

Partendo da un incipit che ci introduce nella narrazione "in media res", specificando immediatamente il luogo e il momento in cui avviene il fatro, il ritmo si fa sempre piú serrato e avvincente, rapido come una pallottola di una Calibro 9, l'intreccio narrativo è tipico del genere giallo e condotto in terza persona attraverso continui rimandi, anticipazioni e intuizioni non troppo specifiche, mentre il narratore è esterno e il linguaggio si dipana attraverso uno stile "minimal" caratterizzato da frasi brevi, talvolta brevissime riducendosi a due parole soltanto.

La descrizione iperrealista dei componenti della Terza Squadra Omicidi, delineati nelle loro peculiarità fisiche e psicologiche, li rende ancora più autentici introducendo il lettore nella loro "umanità", spogliati delle divise di anonimi tutori della legge e presentati in tutta la loro "vulnerabilità", con le virtù i difetti, il coraggio, le passioni e gli ideali che li caratterizzano, annullando quasi completamente quella distanza dimensionale che normalmente s'insinua fra personaggio e lettore.

Un romanzo che rispetta fedelmente i canoni del genere giallista: azione, mistero, coinvolgimento diretto del lettore/spettatore alla risoluzione del caso. Un romanzo che, personalmente, mi ha regalato emozioni forti e dati l'opportunità di scoprire un autore che rivela capacità narrative innate e incredibilmente efficaci. Un libro che trasmette, coinvolge, fa riflettere. Un romanzo da leggere tutto d'un fiato, perchè si sa...le indagini sono ancora in corso. E il bello deve ancora venire....